In caso di violazione del diritto di prelazione legale di cui all’articolo 38 della legge 392/1978, al conduttore compete sia il rimedio della facoltà di riscatto (da esercitare entro sei mesi dalla data di trascrizione del contratto con il quale la prelazione è stata violata) sia il rimedio del risarcimento del danno nei confronti del locatore (venditore) e del compratore qualora però sia dimostrata la loro malafede nell’avere tenuto il conduttore all’oscuro dell’avvenuto trasferimento.

La Cassazione, con la sentenza n. 10136 del 29 marzo 2022, ha ritenuto non configurabile la malafede nel caso del semplice silenzio tenuto dal locatore e dal terzo acquirente.

In particolare, ha sostenuto che per configurarsi malafede, con conseguente diritto al risarcimento del danno, è necessario un comportamento più articolato che sia in grado di attribuire al silenzio, in presenza di altre circostanze artificiosamente create, un significato diverso e univoco da quello meramente neutro che il silenzio ha.

In definitiva, il Locatore deve avere avuto un comportamento che, unito al silenzio, sia in grado di generare oggettivamente nel conduttore il convincimento che la vendita in frode al diritto di prelazione non sia stata operata, tanto da indurlo a non attivarsi per effettuare le opportune verifiche e facendo in tal modo decorrere il termine di legge per l’esercizio del diritto di riscatto